LA CLASSIFICAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO
Misurare il comfort per aumentare benessere, produttività e risparmio energetico
Per esprimere la qualità di un ambiente interno (IAQ Indoor Environmental Quality) occorre considerare nell’insieme diversi parametri del comfort e definirli già dalla fase di progettazione, perché influiranno sui consumi energetici dell’edificio.
Si pensi alla temperatura ambiente impostata in inverno: più è alta più il consumo di energia per il riscaldamento aumenta. Ma d’altra parte alcuni edifici necessitano di una maggiore attenzione al comfort e questa esigenza non si può ignorare.
La norma UNI EN ISO 7730:2006 propone dei criteri di progettazione per l’ambiente interno basati su alcune ipotesi (esempio: indice di abbigliamento di 0,5 clo in estate e di 1,0 clo in inverno), per diverse tipologie di spazi e diverse categorie di comfort. Volendo ottenere un comfort maggiore, dalla tabella sottostante (estratto del prospetto A.5 della norma) si vede come il range della temperatura operativa si restringe e la velocità massima dell’aria si riduce.
La norma UNI EN ISO 15251 fornisce invece la metodologia per valutare la qualità ambientale (intesa come comfort termico e qualità dell’aria interna) mediante simulazione numerica durante tutto l’anno, o mediante misure effettuate durante un lungo periodo (Annex I). I parametri principali da valutare in queste indagini sono le temperature in ambiente, i ricambi orari e/o la concentrazione di CO2.
CAMPAGNE DI MISURA E QUESTIONARI PER LA VALUTAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO
Quando si vuole caratterizzare un edificio esistente dal punto di vista del comfort, oltre alla campagna di misura è altrettanto utile approcciarsi ad uno studio basato sulla risposta soggettiva degli occupanti. Intervistando un campione significativo di persone, è possibile ottenere il quadro della situazione di un edificio ed evidenziare le maggiori problematiche da risolvere mediante interventi di miglioramento.
Inoltre, attraverso i questionari diventa possibile caratterizzare l’ambiente anche relativamente al comfort visivo e al comfort acustico: una volta individuata la criticità si potrà misurare e quantificare il disagio con gli strumenti adeguati.
La norma EN 15251 affronta la tematica dei questionari (Annex H), definendo le modalità di consegna degli stessi e indicando alcuni esempi di domande. Tra queste, quella sulla sensazione termica (da caldo a freddo passando attraverso la neutralità) è senz’altro fondamentale per capire la situazione.
Le domande possono variare a seconda del tipo di studio, così come può variare l’impostazione del questionario. Se si volesse capire l’adattamento delle persone sottoposte allo stesso ambiente per lunghi periodi, si potrebbero sottoporre a intervalli di tempo le stesse domande sulla sensazione termica percepita e analizzare come cambiano tali valori. Questa modalità è stata adottata, per esempio, in occasione di uno studio che ha coinvolto un campione significativo di persone sottoposte a diversi impianti di climatizzazione per un periodo di tre ore durante il quale essi svolgevano attività sedentaria in ufficio.
Viceversa, se si volesse valutare la qualità di un ambiente particolare di passaggio, il tempo di permanenza potrebbe essere variabile e la percezione del comfort cambierebbe molto dal tipo di vestiario e dalle attività immediatamente precedenti. Il gruppo Energy Efficient Building (EEB) dell’Istituto di Energie Rinnovabili dell’Eurac di Bolzano ha recentemente condotto uno studio sulla percezione del comfort negli spazi di transizione all’interno dei centri commerciali durante il periodo estivo, cercando di valutare, anche con questionari, se ai fini del risparmio energetico sia possibile incrementare le temperature di set point normalmente adottate pur mantenendo le condizioni di comfort per gli occupanti.
CONSEGUENZE DI UN CATTIVO AMBIENTE
Le conseguenze di un cattivo ambiente all’interno degli spazi di lavoro si ripercuotono non solo sulla salute, ma anche sulla produttività e generano un aumento dei costi. Ovviamente vale anche il contrario: investire nella qualità dell’ambiente interno porta vantaggi in termini di produttività e per questo motivo sono innumerevoli gli studi che trattano tali tematiche. Attraverso l’osservazione dei tempi di reazione e della produttività di persone che lavoravano in un ufficio, il professore finlandese Olli Seppänen è riuscito a correlare l’aumento di produttività con l’aumento della portata d’aria di ventilazione a persona, dimostrando che raddoppiando la portata d’aria si avrebbe un miglioramento anche dell’1,5%.
Mediante uno studio che ha coinvolto 56 edifici in tutta Europa, è stato dimostrato che passare da una percentuale di insoddisfatti del 60% ad una del 25% comporta un aumento di produttività del 3.4%.
La guida REHVA Indoor Climate and Productivity Guide 2006 riporta alcuni metodi per valutare la bontà dell’investimento volto a migliorare l’ambiente interno tenendo in considerazione:
- il valore del lavoro (salario medio)
- la concentrazione di persone (espressa in m2/persona)
- l’incremento di produttività prevista per il miglioramento del clima interno
- il tasso di interesse.
Ad esempio, si dimostra come sia possibile con investimenti di circa 270 €/m2 avere un ritorno in circa 10 anni, con aumenti di produttività del 2%.
Un altro aspetto lungamente trattato è la qualità dell’ambiente interno negli edifici scolastici. Trattandosi della salute e della capacità di apprendimento delle nuove generazioni, si sta assistendo ad una crescente consapevolezza del problema e ad un maggiore impegno per cercare di risolverlo.
Il Ministero dell’Ambiente ha pubblicato un documento divulgativo in cui si presenta lo stato di salute delle scuole italiane e si propone una serie di misure di prevenzione di facile attuazione, come il ricambio dell’aria e l’utilizzo di piante ornamentali in grado di ridurre l’inquinamento indoor.
All’interno sono riportati i risultati del Progetto Multicentrico Europeo SEARCH (School Environment and Respiratory Health of Children) condotto contemporaneamente in sei paesi europei, tra cui l’Italia, dal 2005 al 2009. Sono state compiute valutazioni ambientali delle scuole selezionate attraverso questionari, campagne di misura ambientale indoor-outdoor e valutazioni della salute respiratoria di bambini.
In Italia le misurazioni sono state fatte in sei regioni, dal nord al sud isole incluse, ed hanno evidenziato sintomi frequenti di malattie respiratorie, asma e allergie, che si traducono spesso in assenze da scuola.